Promozione di stili di vita salutari per la prevenzione cardiovascolare: l’esperienza di un medico di famiglia

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Autore: Dott.ssa Lina Bianconi – Medico di Medicina Generale a Bibbiano

In questi 15 anni che sono passati da quando ho cominciato a fare il medico di famiglia sono cambiate molte cose, ma quello che è sempre stato chiaro, scritto in tutte le definizioni della medicina generale, sono i compiti del medico di famiglia: occuparsi della diagnosi e della cura ma anche della prevenzione delle malattie e della promozione della salute, e della riabilitazione fino alla medicina palliativa nei confronti dei propri assistiti.

Questa competenza distintiva della medicina generale che la pone in una posizione privilegiata per il rapporto di lunga durata con i propri assistiti e la capacità di cogliere non solo i bisogni di salute a tutto campo del cittadino inserito nel suo contesto di vita, ma anche i bisogni di salute di un territorio, è soprattutto importante nel campo della prevenzione e della promozione di stili di vita salutari per il mantenimento della salute.

La nascita delle Cure Primarie e dei Piani Socio-Sanitari è stata una tappa importante nel processo, a volte faticoso, di integrazione tra il mondo sanitario e il mondo del sociale, ma ci si rende sempre più conto che se si vuole operare nel campo della prevenzione occorre uno stretto collegamento con il mondo della scuola e con le realtà associative, del volontariato e del mondo produttivo presenti nel territorio.

Le malattie cardiovascolari costituiscono la causa più importante di morte nella popolazione italiana, ma anche di malattia e di inalidità. Da tempo sono noti sia i determinanti di salute, cioè quelle condizioni legate allo stile di vita predittive di elevato rischio cardiovascolare (alimentazione ricca di grassi saturi, sale e cibi ad alto contenuto calorico, eccesso di alcool, sedentarietà, fumo di sigaretta), sia i fattori di rischio (ipertensione arteriosa, aumento del colesterolo, diabete mellito, sovrappeso-obesità). I fattori di rischio sono quelle condizioni che, se presenti in individui esenti da manifestazioni cliniche di malattia, ne predicono l’insorgenza in un certo numero di anni. In genere i fattori di rischio citati sono modificabili, dipendono dall’interazione tra lo stile di vita e i fattori genetici: quando in una persona sono presenti contemporaneamente più fattori di rischio, si ha un’azione non solo addizionale, ma moltiplicativa o sinergica, nel determinare il rischio di malattia. Il rischio che ogni persona ha di sviluppare la malattia cardiovascolare dipende dall’entità dei fattori di rischio; il rischio è continuo e aumenta con l’avanzare dell’età, pertanto non esiste un livello a cui il rischio è nullo. Tuttavia è possibile ridurre il rischio cardiovascolare o mantenerlo a livello favorevole abbassando il livello dei fattori modificabili attraverso lo stile di vita sano.

Tutti gli interventi volti alla prevenzione e alla modificazione di stili di vita sono interventi che richiedono tempi lunghi e un impiego importante di risorse. Inoltre per avere una maggiore efficacia occorre studiare delle strategie e degli strumenti adatti ai diversi target di popolazione e combinare le iniziative volte al singolo individuo (e in particolare a quelli ad alto rischio) con strategie di comunità che coinvolgano e coordino il più possibile in un lavoro sinergico tutte le risorse presenti nel territorio.
Questa è la vera sfida che un medico di famiglia si trova ad affrontare: occuparsi della promozione della salute dei suoi assistiti utilizzando sia gli strumenti conoscitivi (calcolo del RCV, registrazione della abitudine tabagica, del consumo di alcool, dei dati antropometrici, della attività fisica, delle abitudini alimentari) che di informazione e di counselling. Ma molto presto si rende conto che a questa opera che da sempre svolge, si deve affiancare l’attenzione a tutte quelle realtà che sono presenti sul territorio che hanno una parte preponderante nel contesto di vita dei propri assistiti.

Dire a un proprio assistito magari ancora giovane che ha scoperto di essere diabetico e che ha un RCV > 20% nei 10 anni successivi, che deve adottare una dieta equilibrata e a basso contenuto di grassi saturi, non serve se non si danno obiettivi concreti e possibili senza chiedergli di sconvolgere orari e cultura (non dimentichiamo che il cibo fa parte strettamente della cultura di una famiglia e di un paese), ma ancora di più dirgli che deve mettersi a fare attività fisica regolare, serve a poco se non ci si preoccupa di dirgli anche come e dove.

Da queste considerazioni e da una esperienza ormai di diversi anni di serate di discussione con i cittadini su temi di informazione ed educazione sanitaria, è nata una idea di sperimentare delle strategie integrate nel mio Comune coinvolgendo tutte le realtà e le risorse esistenti.

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